martedì 7 settembre 2010

LIBERTA' ED UGUAGLIANZA


Proposta di legge elettorale di Libertà ed Eguaglianza


La libertà di votare il soggetto politico più vicino alle proprie idee e l'eguaglianza tra tutti i cittadini nell'avere diritto ad essere rappresentati nelle istituzioni della Repubblica, ed in particolar modo in Parlamento, rende la piena rappresentatività un obiettivo da perseguire e da raggiungere.

Libertà ed Eguaglianza propone un sistema proporzionale puro, senza soglie di sbarramento, con il metodo del quoziente Hare. Gli eletti sono scelti per il 50% con il voto di preferenza, con il 50% a liste bloccate.

■Il sistema proporzionale consente l’assegnazione dei seggi in circoscrizioni elettorali plurinominali. I seggi vengono ripartiti tra le varie liste in proporzione ai voti ottenuti. Questo sistema elettorale permette la massimizzazione della rappresentatività nella politica italiana in quanto tutte le più svariate anime politiche del Paese hanno il diritto di essere rappresentate in Parlamento.

■Il metodo Hare (o naturale) è il cosiddetto sistema proporzionale "perfetto". Infatti, se V è il totale dei voti validi e S è il numero dei seggi da assegnare per circoscrizione, allora il quoziente Hare Q è uguale a Q = V/S.

Il 50% voto di preferenza ed il 50% su liste bloccate è una scelta che rispecchia il seguente ragionamento:
■da una parte c’è l’obiettivo di evitare la mercificazione della politica (50% su liste bloccate)

Un 100% di voto di preferenza, infatti, significherebbe personalizzare la tornata elettorale consegnando ai “padroni dei voti”, in genere personaggi legati agli interessi del territorio (in primis edilizia ed imprenditoria) vagonate di voti rendendo così la crescita politica all’interno di partiti e movimenti del tutto secondaria. In questo caso, un individuo, un bravo politico cresciuto all’interno di una comunità si vedrebbe forzatamente e sconsolatamente scippato della candidatura a favore di personaggi con molti interessi, poche idee e pratiche politiche necessariamente populiste. Il soggetto politico (movimento o partito che sia), in quanto luogo di elaborazione, promozione e di divulgazione di idee, ne verrebbe mortalmente colpito e, con esso, la cultura politica di un intero Paese.

■dall’altra c’è l’obiettivo di minimizzare l’autoreferenzialità dei soggetti politici durante le tornate elettorali, dando la possibilità agli elettori di “premiare” anche le persone che sentono maggiormente vicine (50% voto di preferenza)

Un 100% di seggi su liste bloccate sarebbe auspicabile solo con soggetti politici dai “modi” democratici, non autoreferenziali. Non è il caso italiano. Inoltre se è giusto che ogni soggetto politico sia rappresentato è altresì giusto che gli elettori possano scegliere, a parità di idee, le persone da cui si sentono maggiormente rappresentate.

Un mix tra voto di preferenza e liste bloccate creerebbe un equilibrio utile tra il mantenimento della purezza di una linea politica ed il ricambio generazionale e l'apertura alle sensibilità espresse dai territori.

(Libertà ed Eguaglianza)

lunedì 6 settembre 2010

SEPARATI IN CASA.

Fini: mister Hyde e dottor Jekyll.L'Opinione di BIAGIO MARZO.


Eolo è Gianfranco Fini il cui intervento, a Mirabello, ha azzerato il Pdl e,di conseguenza, ha messo a rischio la maggioranza di governo. Ha sentenziato che il partito nato sul predellino di un auto, in Piazza San Babila, non esiste più, però, ha garantito che non ci sarà un ribaltone e, in cambio, ha chiesto un patto di legislatura. In effetti, è un patto capestro, quello posto da Fini a Berlusconi: il via libera al salvacondotto giudiziario in cambio una nuova legge elettorale, allineandosi così con le opposizioni. A Berlusconi viene concesso lo scudo giudiziario, finché resta Capo del governo, pagando come fio il cambio della legge elettorale, correndo il rischio di perdere le elezioni.

Al che, Berlusconi è andato su tutte le furie. Ha capito che è un ricatto bell’e buono. Adesso deve dare prova di fare politica, uscendo dalle strettoie in cui Fini lo ha messo. Il che non sarà facile avendo a disposizione un sentiero stretto come quello delle elezioni anticipate. Dopotutto, spetta l’ultima parola al Presidente della repubblica.

E comunque sia, Fini ha imposto di essere il terzo partner della coalizione di governo e su ogni singolo provvedimento vuole essere consultato.

Un ruolo strano il suo, una sorta di mister Hyde e dottor Jekyll. Talvolta Presidente della camera e talaltra leader politico. Il che non fa bene alla democrazia parlamentare. La Terza carica dello stato non può mettersi a fare politica in prima persona, mettendosi a tu per tu con il Presidente del consiglio, con i ministri e con gli esponenti politici. Così le istituzioni vanno in malora, perdendo di credibilità

A Mirabello, Fini ha attraversato il Rubicone, pardon il Reno, dettando la sua linea che Berlusconi dovrebbe accettare senza proferire verbo.

In primo luogo, non c’è più il Pdl, ma c’è Fli, benché Fini non faccia di questa struttura alcuna menzione. Nato prima dello scorso 29 luglio, giorno della cacciata dei finiani dal Pdl, opera in tutta Italia, come struttura organizzativa, ma guai a dire che sta radicandosi nel territorio. In secondo luogo, Fini porta avanti la politica del logoramento e, pertanto, sta tentando di togliere a Berlusconi l’erba sotto i piedi.

A ben vedere, il Cav non è proprio il tipo che si faccia dire quello che deve fare. Se fosse stato il tipo non ci sarebbe stata la rottura tra i due, sebbene il Presidente della camera non abbia mai sopportato di fare la spalla al Presidente del consiglio. Ha cercato sempre una prospettiva autonoma, senza successo. Il flop lo ebbe alle elezioni europee. Alleanza nazionale e il Patto Segni si allearono, costituendo la lista dell’Elefantino, sostenuta anche dall’aera laica e liberale del Polo delle libertà.

Vero è che i tra i due non è corso mai buon sangue, perché allora Fini si prese la responsabilità di costituire il Pdl, diventando, di fatto, cofondatore? Probabilmente, era consapevole che se non avesse fatta quella scelta, la stragrande maggioranza del suo partito sarebbe andata con Berlusconi e lui rischiava, restando a capo di An, di non essere nemmeno eletto. E’ una ipotesi, un’altra potrebbe essere che Fini voleva che fosse considerato come il primus inter pares e non un qualunque convitato di pietra, non potendo nemmeno dire la sua nell’ambito del Pdl.

Vallo a capire! Cosa gli ha frullato in testa in questi anni non è spiegabile.

Una cosa è certa con Berlusconi, Fini ha vinto le elezioni e ha potuto ricoprire cariche istituzionali e di governo, senza Berlusconi avrebbe rischiato, politicamente, di restare ghettizzato.

Insomma, con Berlusconi si vince, con Fini per nulla, alla luce della sua unica e sola esperienza autonoma, quella delle europee del 1999.

venerdì 3 settembre 2010

RELIGIONE “AFFARE PRIVATO” O “AFFARE PUBBLICO”?

(max Adler)

Filosofia, religione e politica nell´austromarxismo
Tommaso La Rocca(Università di Ferrara)


È risaputo che Religion Privatsache era il motto dei Liberali settecentschi
e ottocenteschi, fatto proprio, successivamente, anche dal movimento
operaio socialista, per la prima volta, nel Congresso dei Socialisti
tedeschi a Gotha nel 1875 come “bandiera anticlericale”, poi
formalmente ufficializzato nel congresso di fondazione del Partito Socialdemocratico
Austriaco (Heinfeld,1889-90) e, subito dopo, adottato
anche nel congresso del Partito Socialdemocratico Tedesco ( Erfurt,
1891). Da questo momento in poi esso è diventato la bandiera della linea
politica di tutti gli altri partiti e movimenti socialisti. Era una formula,
però, e niente più, con la quale essi riproponevano la concezione
laica dello stato, tipica del liberalismo, e suggerivano al movimento
operaio, nei casi migliori un abbandono dell’anticlericalismo ed un atteggiamento
di rispetto, in termini di tolleranza e di indifferenza nei
confronti della religione.
Solo a partire dagli inizi del XX secolo, soprattutto ad opera di due
pensatori austromarxisti Max Adler (1873-1937) e Otto Bauer (1882-
1938), la formula Religion Privatsache diventa oggetto di un più serio
approfondimento e di un più impegnativo dibattito. Possiamo dire, in
generale e schematicamente, che il primo ne fornisce
l’interpretazione filosofica e le conferisce una portata culturale piú
vasta, il secondo ne fornisce il fondamento storico e le conferisce
un’apertura politica diversa e più ampia rispetto alla tradizionale critica
marxista della religione e rispetto alla angusta visione anticlericale
dei movimenti e partiti socialisti. Religion Privatsache assume, nel
primo, il valore di concetto fondativo della sua filosofia della religione,
e, nel secondo, la portata di una più adeguata e decisiva strategia
per la soluzione della “questione religiosa”, intesa nei suoi diversi
aspetti: culturale, sociale e politico.
Illustrerò brevemente la posizione di Adler e poi quella di Bauer.
I. Max Adler: Religion Privatsache
fatto interiore e autonomo della coscienza
Delineerò la posizione di Adler al confronto con Marx, Engels e il marxismo
classico, mettendo in evidenza le novità di Adler , che a molti
appaiono autentiche provocazioni, addirittura eresie. Due le novità sul-
2
le quali mi soffermerò: a) la natura a priori della religione a fronte della
concezione “storica” del materialismo storico di Marx, b) la natura
“esistenziale” dell’alienazione religiosa a fronte della natura storicosocio-
economico- lavorativa dell’alienazione di Marx.
È noto che per i padri del marxismo la religione è una forma ideologica
storica prodotta da uno specifico modo pratico di vivere degli uomini,
cioè una forma di coscienza indotta dall’esterno, dalla struttura socio-
economica della società.
Per Max Adler, marxista, che si muove sulla scia di Kant, la religione è,
invece, un a priori della coscienza dell’uomo: non qualcosa che giunge
alla coscienza dall’esterno, ma qualcosa che è originario della coscienza
stessa. In altre parole, per Marx le idee di dio e della vita eterna
celeste l’uomo se le fa per induzione dall’esterno: quella di dio creatore
dalla figura del padrone da cui il lavoratore totalmente dipende nel
suo essere, nella sua esistenza quotidiana di lavoratore; quella del paradiso
dall’ aspirazione alla liberazione dalla condizione alienata di
questa vita terrena. Per Adler, invece, le idee di dio e dell’al di là
l’uomo ce le ha già prima di qualsiasi esperienza, indipendentemente
dai fattori e modi di sentire economici e sociali. La religione, quindi,
originariamente ed essenzialmente è per Adler un fatto individuale interiore1.
Qui non avendo tempo sufficiente per riprendere l’intera riflessione di
Adler sul concetto di religione, indicherò soltanto l’approdo della sua
ricerca.
religione tra alienazione e salvezza
Adler in realtà non disconosce del tutto la critica di Marx e del marxismo
tradizionale, secondo cui la religione è alienazione storica, cioè
espressione della condizione reale di estrema miseria socio-economica
dell’uomo: tuttavia egli ritiene che, prima di diventare espressione e
fattore di alienazione storica, la religione sia originariamente espressione
di un’alienazione esistenziale: espressione della contraddizione
tra mondo fisico naturale (il mondo del Wissen) e mondo umano morale
(il mondo del Wollen) e all’interno di quest’ultimo tra Morale e Felicità.
L’uomo, cioè, vive in un mondo in cui la natura segue le proprie
leggi universali, necessarie, immodificabili, e quindi leggi che sono
anche indifferenti e ignare del destino singolo dell’uomo. Adler porta
alcuni esempi. Ne riprendo solo qualcuno: Un sasso che cade, seguendo
la legge della gravitazione universale, non si cura se va a finire in testa
a un passante, causandone la morte; un vulcano che entra in attività
secondo leggi naturali, inondando con la sua lava campi e villaggi, è
1 Vedi M.Adler, Del concetto critico di religione, in Filosofia della religione, a cura di T. La Rocca,
Cadmo Edizioni, Firenze 1992, pp.179-221
3
incurante dei danni che può provocare alla natura circostante, alle
piantagioni e agli abitanti della zona. Noi potremmo aggiungere altri
esempi attuali: gli uragani, gli zumami degli ultimi tempi, il buco
dell’ozono nell’atmosfera. Analogamente, a livello morale, l’uomo vive
un’altra insuperabile contraddizione, l’antinomia kantiana di una legge
universale morale che, analogamente a quella fisica naturale, obbliga
senza condizione (con il “Tu devi” dell’imperativo categorico assoluto),
ignorando la felicità dei singoli individui. Come si suol dire: “il sole
splende sui buoni come sui cattivi”. Anzi a volte l’osservanza della
legge morale può comportare mortificazione e infelicità per il singolo
individuo, mentre spesso la sua trasgressione spesso viene premiata
dalla buona fortuna. Fra i due mondi, naturale e umano, e all’interno
stesso di quello umano, c’è quindi un’antinomia, una frattura insanabile.
Una condizione, questa, che uno dei più attenti studiosi del pensiero
di Adler, Peter Heintel, con una certa efficacia, caratterizza come la
vera alienazione, che accompagna sempre la vita dell’uomo, più radicale,
addirittura, di quella storico-sociale di Marx2 .
Ma questa frattura l’uomo la sperimenta, la vive, ma non la può accettare,
pena la follia. Un mondo cosiffatto è un non-senso, mentre
l’uomo è alla ricerca di senso, di un senso del mondo e della storia e
anche del proprio destino personale nel mondo. Come se ne può uscire
allora? Se ne può uscire solo per “via religiosa”. Solo la religione può
ricomporre, sanare la frattura. Adler giunge - sempre via Kant - a ritenerla
addirittura l’ elemento essenziale decisivo di liberazione
dell’uomo, di superamento di quella contraddizione radicale dei due
mondi irrelati, addirittura contradditori, perfino fratturati. Come può
la religione operare questa liberazione? Mediante la supposizione di un
ordine superiore, in cui diventa possibile l’unità del mondo fisico e di
quello etico, l’unità di natura e morale, del mondo del sapere (Wissen)
e di quello del volere (Wollen). La religione, quindi, come supposizione,
congettura di una totalità significante - rappresentata dall’idea di
Dio - che consente la piena comprensibilità del mondo. Ed è, nello stesso
tempo, la “supposizione di un mondo imperituro dello spirito”– rappresentato
nell’idea dell’immortalità dell’anima, - che consente di salvare
la sorte dei singoli uomini e soddisfare alla loro sete di vivere e di
essere felici.
In altre parole - e più sinteticamente - Adler definisce il concetto di
Dio come il principio, «l’assioma della ragionevolezza del mondo».
Supposizione soggettiva e necessaria, senza la quale l’uomo «dovrebbe
disperare della vita» e senza di cui questa si rivelerebbe «una follia
senza pari»3. Ciò vuol dire che, per il marxista neokantiano Adler, le
2 Heintel, Peter,
3 Max Adler, Del concetto critico di religione, cit., pp.205-206
4
idee religiose non sono idee conoscitive di Dio e dell’ immortalità
dell’anima, nel senso che non conducono all’affermazione
dell’esistenza di tali realtà, ma sono idee trascendentali, volute, postulate
dalle condizioni di conservazione dell’unità spirituale
dell’uomo.
In questa luce, la religione viene ad assumere, allora, il suo vero significato
di re-ligio (dal Latino religo), relazione, unione nell’essere umano
di quei due mondi altrimenti inconciliabili: il mondo della natura
ed il mondo morale e al tempo stesso unione di virtù e felicità.
Adler sintetizza questo suo concetto nel modo seguente: « la religione
non è una dottrina nel senso delle confessioni dogmatiche […], ma un
moto della nostra coscienza»4.
Insomma, una religione come Weltanschauung, visione totale e unitaria
del mondo, che Adler non esita più, a questo punto, a chiamarla semplicemente
filosofia. Scrive Adler:
«religione e filosofia sono solo due vie interiori verso la stessa
meta […] sono solo due espressioni per la soluzione di un medesimo
problema: la comprensione del significato unitario della totalità
del mondo»5.
Da religione “privata” a religione “pubblica”
La religione cosiffatta, Adler la caratterizza come Privatsache, cioè
come religione della coscienza, essenzialmente come esperienza
dell’unità dell’uomo col mondo intero, di cui egli è una parte, come
rapporto interamente soggettivo e personale dell’uomo col mondo,
mediante il quale egli “prova la consolazione di sentirsi legato al tutto”.
Per cui è anche una religione che assume forme particolari a seconda
delle caratteristiche delle singole personalità. Come dire feuerbachianamente:
è l’uomo che crea dio, e ogni uomo crea il suo dio e
rimane in rapporto personale e solitario con lui. E tuttavia, precisa Adler,
in quest’isolamento interiore l’uomo non rimane da solo, perché
quest’esigenza religiosa interessa “migliaia di anime”, migliaia di soggetti
dal momento che
«il medesimo bisogno, la medesima condizione di vita e formazione,
i medesimi interessi fanno poi venire fuori, all’interno di
un determinato gruppo sociale, la religione come interpretazione
personale sostanzialmente identica del rapporto personale col
mondo»6.
4 Ivi, p.206
5 Ivi, p.218
6 Religione affare privato, in Filosofia della religione, cit., p.254.
5
Cioè anche la religione è un medesimo, comune modo di sentire dei
singoli che si esterna naturalmente in modi comuni di comportamento,
si esprime in forme esterne di culto e quindi anche in forme organizzate
di comunità religiose. E quando giunge a queste forme di espressioni
esterne sociali, la religione segue il destino storico di tutte le cose di
questo mondo, cioè il destino di quella che egli chiama Sünderfall der
Gesellschaft, caduta nel peccato della società, specificato come “caduta
nella dialettica sociale”, espressione per significare la caduta nella
logica e nella prassi dell’antagonismo di classe. Per cui anche la religione,
meglio le religioni assumono le caratteristiche delle ideologie
delle classi portatrici. Tipica in questo senso è l’interpretazione che
Adler fornisce del cristianesimo, che da ideologia delle classi povere e
dei popoli oppressi si trasforma progressivamente in ideologia delle
classi dominanti, in organizzazione di potere, fino a prevalere sotto
questa ultima forma. In quanto tale il cristianesimo non è religione, ma
solo chiesa. Ed per Adler chiesa e religione non coincidono.
E contro una religione così diventata, cioè religione di potere e di
classe, non c’è altra alternativa che quella di intraprendere un Kulturkampf
als Klassenkampf. Un Kulturkampf che miri, cioè, a contrapporsi
non alla religione in quanto tale, in quanto Privatsache originaria,
Weltanschauung unitaria del mondo, ma in quanto religione “pubblica”
esteriore, intesa sia quale religione confessionale statale, sia quale religione
ecclesiastica organizzata in chiesa di potere, che spesso sono
state, al contrario, fattori di separazione, cause a volte perfino di
guerre di religione. Ciò che fa esclamare anche ad Adler, come già al
poeta latino Lucrezio Caro, “quantum non potuit religio suadere malorum!”:
“a quante nefandezze non fu capace di spingere la religione!”
Oggi anche noi siamo protagonisti di tante aberrazioni compiute in
nome della religione, meglio prodotte da fanatismi religiosi di qualsiasi
colore e latitudine.
Se questo è stato finora il destino della religione storica, non deve
sorprendere, poi, la conclusione finale di Adler:; « la storiografia insegna
che la via della liberazione esterna e interna, terrena e dell’anima
[cioè come religione della coscienza] non passa per la chiesa». Conclusione
del tutto opposta a quella già vista a proposito della Religion
Privatsache, indicata come l’unica via alla liberazione da quella alienazione
esistenziale consistente nella frattura radicale di natura e uomo.
Qui sorge una domanda inevitabile: se la Religion Privatsache non è
stata e non può essere attuata nelle religioni storiche e nelle chiese, e
se, d’altra parte, essa è presentata come elemento decisivo di librazione
dell’uomo, dove e come potrà essa essere attuata?
6
Lascio sospesa questa domanda per la discussione. Come lascio sospese
altre domande, quali: come si compone la posizione di Adler sulla religione
fin qui delineata con la sua professione di fedeltà al marxismo?
Quanta e quale attualità conserva anche per l’oggi la riflessione critica
di Adler sulla religione?
II. Religion Privatsache in Otto Bauer
questione religiosa come questione politica
Anche Otto Bauer, a proposito del tema in questione, assume come
chiave di lettura la Religion als Privatsache, ma secondo un senso piú
direttamente politico, come principio di laicità dello stato, della separazione
di chiesa e stato. In merito segnalo due novità di rilievo specifiche
del suo discorso sulla religione:
1) la scoperta dell’origine religiosa della formula Religion Privatsache;
2) la traduzione della questione religiosa da “questione socialista”
(se la religione favorisce od ostacola il socialismo) a “questione
democratica” ( se la religione favorisce od ostacola più in generale
la democrazia, cioè le libertà civili di tutti) .
A proposito del primo punto, l’origine religiosa, dirò solo che Bauer,
con un interessantissimo excursus storico giunge a mettere in evidenza
una verità storica lapalissiana, ma persa di vista nel corso del
tempo o addirittura distorta: la natura originariamente religiosa della
rivendicazione della separazione di chiesa e stato. Bauer la fa risalire,
infatti, gli inizi al movimento religioso rivoluzionario dei Battisti
tedeschi della prima metà del ‘500, che, facendo proprio il motto evangelico
« il mio regno non di questo mondo», rivendicavano coerentemente
la libertà della chiesa dai vincoli politici statali. Dai Battisti
tedeschi del ‘500 questa rivendicazione passa successivamente ai
Battisti inglesi del ‘600, particolarmente attivi nella rivoluzione di
Cromwell, che richiedevano altrettanto fortemente la medesma libertà
della religione dallo stato e libertà della chiesa da qualsiasi vincolo
statale7.
Dall’Inghilterra la formula della separazione di chiesa-stato viene esportata
in America, con l’emigrazione britannica dei Padri pellegrini
(Congregazionalisti, Battisti e Quaccheri). Ed è qui che, nella seconda
metà del secolo XVII, essa viene realizzata per la prima volta,
7 Insistevano sulla religione quale affare di coscienza individuale, quale rapporto interiore personale con
Dio: «la religione è la cosa più intima dell’individuo»Ivi, p.280.
7
grazie proprio al battista Roger Williams (a Rhoe Island) e al quacchero
William Penn (in Pensylvania).
E nel secolo successivo, con la liberazione delle colonie americane
dall’Inghilterra (1787), la separazione di chiesa e stato entra addirittura
a far parte della Costituzione dei nuovi Stati Uniti d’America. Da
allora in poi, in America lo stato è uno stato areligioso, nel senso che
non professa nessuna religione in particolare, non assumendone nessuna
come religione ufficiale di stato; e nello stesso tempo riconosce ed
assicura la libertà di religione a qualunque chiesa o associazione religiosa.
Risultato, questo, - Bauer ci tiene a precisare - di «un grande
movimento religioso»: la separazione di chiesa e stato, negli Stati
Uniti, « non fu una vittoria dell’atesimo sulla religione, ma la
vittoria religiosa[...]contro ogni violentamento della coscienza..
[una vittoria] sul potere di costrizione dello stato e della chiesa
»8.
Mentre, nel frattempo, in Europa, la separazione di chiesa e stato diventava
un cavallo di battaglia degli illuministi liberali borghesi, ma,
diversamente che negli Stati Uniti, veniva utilizzata come mezzo per
colpire ed eliminare la religione e per mortificare la chiesa, privandola,
appunto, del suo braccio secolare e indebolendo così il suo potere
d’influenza.
Dunque, in America, la rivendicazione della separazione tra stato e
chiesa veniva condotta dai puritani religiosi per un’esigenza religiosa;
in Europa, dagli illuministi liberali «come mezzo di lotta contro la religione
»9. Cioè i due soggetti storici ( i puritani religiosi ed i liberali illuministi),
pur avendo lo stesso obiettivo - la separazione tra chiesa e
stato - avevano, però, motivazioni differenti e contrapposte: la libertà
di coscienza e di fede per gli uni, la lotta alla chiesa e alla religione
per gli altri.
“Questione religiosa” come “questione democratica”
Parte dalla scoperta dell’origine religiosa del principio di separazione
di chiesa e stato e del suo processo di secolarizzazione la precisazione
di Bauer circa il proprio concetto di Religion Privatsache quale criterio
anche per un’adeguata e corretta strategia politica del socialismo nei
confronti della questione religiosa.
Alla luce di quanto detto, in esplicita critica contro l’impostazione liberale
e marxista tradizionale e in sintonia, invece - paradossalmente
8 Ivi, p.282.
9 Ivi.
8
per un marxista - con quella dei movimenti religiosi, la Religion Privatsache
appare a Bauer non un escamotage per risolvere fittiziamente
la questione religiosa, ma quale principio che sta a fondamento, oltre
che della più generale libertà democratica, anche della stessa libertà
religiosa.
Il punto di partenza di Bauer per svolgere questo tema della doppia libertà,
politica e religiosa insieme, è la considerazione della situazione
dell’Austria del suo tempo, che egli vedeva caratterizzata da una prassi
di compromesso tra chiesa e stato, dall’alleanza di chiesa e borghesia,
cioè da una sorta di cogestione del potere, che da una parte condizionava
le scelte politiche e manteneva bloccata la democrazia, e
dall’altra, al tempo stesso, manteneva limitata anche la libertà religiosa.
Una situazione in cui lo stato rinuncia a quote di sovranità a favore
della chiesa, riconoscendole privilegi esclusivi (congrua ai preti,
insegnamento religioso nella scuola pubblica, matrimonio concordatario
riconosciuto anche civilmente), non concessi ad altri soggetti sociali,
in cambio di contropartite in termini di collateralismo ai partiti governativi
e appoggio alla politica statale, assicurati tramite il suo grande
potere d’influenza nella società ; e la chiesa, da parte sua, al fine di
ottenere, conservare e accrescere i suoi privilegi, si lascia imporre “pesanti
diritti”: quello di veto su eventuale candidato austriaco
all’elezione papale, quello di controllo sulla nomina dei vescovi e il
potere di ingerenza nell’amministrazione dei beni ecclesiastici, Particolare
accento pone Bauer sulla modalità di controllo della chiesa sulla
coscienza dei fedeli allo scopo di orientarla a fini politici di convenienza.
Controllo che essa esercita mediante una pressione ideologica,
presentando cioè come ateista, quindi contrapposta e incompatibile
con la fede religiosa cristiana, la visione materialistica del partito socialista
proletario. In questo modo le migliaia e migliaia di operai e di
ceti piccoli e medi borghesi, che per interesse di classe passerebbero e
lotterebbero volentieri nelle file del movimento operaio socialista, si
trattengono dal farlo per non “tradire” la propria coscienza religiosa.
In questo modo, secondo Bauer, la chiesa impedisce l’espressione
libera democratica della società, bloccando su posizioni conservatrici
e antisocialiste una parte consistente dei ceti sociali decisivi per l’una
o l’altra maggioranza.
Allora, la vera libertà democratica la si raggiunge, conclude Bauer, solo
quando la chiesa libererà questi ceti sociali dai vincoli di coscienza.
Ciò che sarà possibile solo quando essa assumerà una posizione di neutralità
politica e consentirà ai propri fedeli di orientarsi, in politica,
liberamente secondo i propri interessi e le proprie convinzioni. Neutra-
9
lità che potrà realizzarsi solo quando si verificheranno alcune condizioni,
fra le quali in primo luogo le seguenti:
- l’espropriazione dei beni materiali della chiesa, la difesa dei quali è il
motivo reale della sua alleanza di interessi con la classe al potere, oggi
con la borghesia, come in passato con le classi di volta in volta dominanti.
Prassi di flessibilità e adattamento al potere che Bauer ha espresso
efficacemente nei termini di una legge storica: « è destino
della chiesa allearsi sempre con i nemici di ieri contro gli amici di domani
»10
- la seconda condizione è la separazione di stato e chiesa, di cui abbiamo
detto.
Ovviamente Bauer sa bene che alla chiesa non importa la neutralità,
perché a essa conviene continuare a difendere, rivendicandoli come
diritti irrinunciabili, il possesso dei propri beni, la conservazione
dei propri privilegi e l’elargizione delle prestazioni statali a proprio
favore; sa anche che essa - salvo eccezioni - si opporrà alle richieste di
separazione di Chiesa e Stato, incurante degli effetti negativi di questa
posizione sulla vita democratica degli stati e sulla reale vita religiosa
dei propri fedeli, la cui coscienza non si fa scrupolo, appunto, di
manipolare, indicando orientamenti e determinando scelte politiche
contrarie ai loro reali interessi di classe.
Ma Bauer ribadisce che si dovrà arrivare ad obbligare la chiesa alla
neutralità. E ciò non per motivo ideologico di lotta antireligiosa, ma
per una ragione primariamente e fondamentalmente politica: il ristabilimento
di una condizione di libertà democratica, a cui la chiesa si
oppone, in realtà, non per motivi religiosi, ma economici e politici,
che essa si guarda bene dal dichiarare esplicitamente, celandoli, invece,
accuratamente sotto le vesti ideologiche della difesa della fede
contro il materialismo ateo del socialismo.
La via piú adeguata per giungere a questo traguardo di neutralità politica
della chiesa e neutralità religiosa dello stato non è, però, il Kulturkampf,
la lotta ideologica anticlericale perché strategia controproducente,
che rischia di tenere lontani dal socialismo i lavoratori credenti
e di allontanare quegli operai credenti che hanno già aderito al
socialismo. Piú adeguato l’approccio di tipo sociale, che fa leva sugli
interessi di classe dei lavoratori. Posizione simile a quella di Karl Renner,
ma opposta a quella di Max Adler.
Questa in estrema sintesi i termini esseziali della questione religiosa in
Otto Bauer, che non si differenziano in generale da quelli segnalati
10 Socialdemocrazia, Religione e Chiesa in Religione come affare privato, cit., p.220.
1
anche da un altro grande pensatore neomarxista italiano contemporaneo
coetaneo, Antonio Gramsci, col quale esistono strette affinità oltre
che sul pensiero politico in generale, anche in merito alla questione religiosa.
Religion Privatsache come principio di libertà
L’impostazione data da Bauer alla questione religiosa, delineata sin
qui, porta a concludere che la Religion Privatsache non è, quindi,
nella sua accezione - come non lo è nemmeno in quella di Max Adler
- una formula di limitazione della libertà religiosa, come se la religione
dovesse essere ridotta ad esprimersi solo nell’ambito della coscienza
individuale e non anche in quello pubblico, sociale, nella
formazione di libere società o associazioni religiose con proprie dottrine,
riti e manifestazioni anche pubbliche.
La formula Religion Privatsache viene contrapposta da Bauer alla
Staatskirche (als Staatskirchensystem -chiesa ufficiale di Stato) per indicare,
appunto, una religione libera contrapposta ad una religione ecclesiastica
non libera, perché vincolata al sistema statale, controllata
dallo Stato, che controlla la nomina dei papi, vescovi, prela ti, prescrive
l’insegnamento della religione cattolica per tutti, impone la legge
matrimoniale ecclesiastica e, talvolta, obbliga anche alla confessione
della religione di Stato, in forza del principio cuius regio eius religio:
obbligo di professare la religione del re del luogo dove si vive.
Bauer intende la Religion Privatsache positivimanente come il principio
della vera e autentica libertà di religione , sia per qualsiasi individuo
che per qualsiasi comunità religiosa all’interno di uno stato non
confessionale, di fronte al quale tutti i cittadini e tutte le associazioni,
siano esse politiche, culturali e religiose, sono tutte uguali, senza
privilegi degli uni a danno degli altri.
Qualsiasi forza politica, e quindi anche il Socialismo, che intenda realizzare
una società pienamente democratica, dovrebbe, dunque, impostare
la politica religiosa sulla base di questo principio, semplicissimo
ma di grande respiro ideale, culturale e politico, perché consente
la massima espressione individuale e collettiva delle idee e delle pratiche
religiose.
Quindi, contrariamente a quanto comunemente si crede - Bauer ci tiene
a precisarlo - una società in cui vige il principio della Religion Privatsache
è il luogo dove la religione può trovare le condizioni ideali per
il suo esercizio e sviluppo, addirittura migliori e maggiori che negli stati
confessionali.
Ovviamente, in una società democratica, la libertà di pensiero e di espressione
non è preclusa a nessun’altra Weltanschauung, sia essa religiosa
che di segno diverso od opposto. Perciò vi dovrà essere ricono-
1
sciuto il medesimo diritto di esistenza e di espressione anche ad altre
filosofie, che magari contrastano con la religione; e vi avranno diritto
di azione e di propaganda anche altre organizzazioni ed associazioni
che magari polemizzano e combattono contro quelle religiose. E
se dei credenti si convinceranno della bontà delle nuove idee scientifiche
ed abbandoneranno la religione tradizionale, o viceversa, questo
fa parte del gioco dialettico di una libera società democratica,
politicamente e culturalmente libera, preferibile sempre a qualsiasi
forma di costrizione della coscienza, vigente negli stati confessionali e
nelle chiese di stato, dove magari lo stato impone una propria religione
e la chiesa ricorre a strumenti di coercizione statali per imporre le
proprie idee e far rispettare i propri precetti.
Anche in merito a questa posizione di Bauer molte potrebbero essere le
osservazioni e gli interrogativi, innanzitutto quello circa l’ attualità
della sua proposta di Religion Privatsache anche per le situazioni odierne.
Rinvio queste osservazioni al momento della discussione.
Riferimento bibliografici:
Max Adler, Filosofia della religione, a cura di T. La Rocca, Edizioni
Cadmo, . Fiesole-Firenze 1992
Max Adler, Lezioni sul cristianesimo, a cura di T. La Rocca, Corso Editore,
Ferrara 1997
Otto Bauer, La religione come affare privato, a cura di T. La Rocca, Edizioni
Cadmo, Fiesole-Firenze 2001

I GEMELLI DEL MARE NOSTRUM






E’ stato sicuramente un personaggio controverso il Maresciallo d’Italia Rodolfo Graziani che in Libia ed in Etiopia,per conto del Governo fascista e del Re d’Italia,ne ha combinate di cotte e di crude, bombardando villaggi inermi, usando gas,pirite e proiettili Dum-Dum contro le lance dei nativi ribelli,organizzando campi di concentramento di durezza estrema.Un personaggio che la Storia ha condannato,nonostante ,in Italia, avesse trovato inossidabili difensori e perfino una casa editrice per il suo “Ho servito la Patria”,ingenua autodifesa scritta nel breve periodo di detenzione cui fu sottoposto nel 1945.

Alle esternazioni del Colonnello Gheddafi,degne di uno showman di rilievo mediatico,che tra ricatti e sorrisi,ricordando questo nostro triste passato, fa affari con il Governo Italiano,minacciando,nel frattempo, immaginarie invasioni etniche,bisogna dare giusto peso ed usare estrema attenzione politica. Egli invoca per l’Europa riconosciuta, un avvenire che già tramontò ai tempi di Venezia e Genova, imperanti,alla grande, sui mari di tutto il mondo. Al Colonnello che si rivolge poi esplicitamente al gruppo di giovani bellezze italiane, preparate a riceverlo, spiegando quanto bello santo e giusto sia il “velarsi rivolgendosi ad Oriente”,e quanto siano protette e libere le donne nel suo Paese, ha risposto Silvio Berlusconi che,serio e non per nulla faceto,ha sillabato sui media:”Non bisogna essere schiavi del passato”. Che volesse dire lo sa solo Lui.

Io credo che,alla fin fine, Egli si riferisse proprio allo stesso Gheddafi che,quando gli conviene, è fin troppo sottomesso ai ricordi che a lui fan comodo e che rattristano noialtri. Egli è,certamente, personaggio intrigante; una specie di moderno Liberto, affrancato ed acculturato,in eterna lotta con “antichi padroni”, mescolante religione e tradizionalismo con l’affarismo più sfrenato; quello comunque imparato al tempo delle sette sorelle del petrolio dai Paperoni occidentali.

Rientra allora nello stile comportamentale dei nostri due Eroi,Berlusconi e Gheddafi,gemelli sul Mare Nostrum,l’uso della figura femminile nelle cerimonie pubbliche importanti.Cosa può attrarre un vecchio navigatore del deserto, disincantato e nostalgico dei tempi belli che furono, se non un battaglione di donne, giovani e sorridenti, poste in bella mostra? Un tempo ad ogni visitatore politico di sicura importanza, i governi islamici facevano passare in rivista uno squadrone di cavalli arabi,liberi in corsa,magnifici per figura ed atteggiamento.Essi si facevano accarezzare solo da quella mano usa ad esprimere loro gentilezza e considerazione,senza nulla pretendere, nitrendo gioiosamente e scalciando a mostrar criniera; come ci racconta,ad esempio, il Generale degli Stati Uniti, Omar Bradley,in visita in Marocco nel 1943,nel suo “General’s life”.Ci siamo capiti,signori miei!

In Italia,oggi, il posto dei cavalli è occupato da donne giovani e spregiudicate,secondo noi, nel proporsi in quella veste; ed anche Gheddafi non scherza con le sue amazzoni! Si sente,oggigiorno, nell’aria,una gran puzza di stalking collettivo,ai danni della gioventù femminile;atteggiamento continuo,incessante e “sorprendentemente compiaciuto”, che si vorrebbe istituzionalizzato e senza processi di sorta. Neanche quello breve! Confesso,con amarezza, che in queste occasioni mi vergogno del mio Paese.

LUIGI CERRITELLI
Circolo Anna Kuliscioff
Aderente al PSI
Brescia

venerdì 5 giugno 2009


The Guardian - In Praise of La Repubblica, 23 maggio 2009

"In praise of La Repubblica" (A elogio de la Repubblica). Ecco il testo. "Nonostante rumori minacciosi da parte di Silvio Berlusconi, il principale quotidiano italiano di centro-sinistra si è rifiutato di smettere di chiedere risposte alle 10 domande poste al premier circa la sua relazione con una adolescente napoletana, Noemi Letizia. Nessun altro leader democratico avrebbe potuto ignorare i quesiti su questa amicizia nel modo in cui lo ha fatto Berlusconi. La sua spiegazione di come ha conosciuto la famiglia Letizia non regge. Egli non ha spiegato l'affermazione della sua giovane amica sul fatto che il premier le avrebbe aperto la strada in politica o nello show business. Né ci sono state spiegazioni sulle nuove rivelazioni secondo cui la 18enne signorina Letizia è proprietaria di quattro case. Questa è molto più che curiosità della stampa. Sua moglie ha detto che non può più stare con un uomo che "frequenta minorenni" e che egli "non sta bene". Repubblica ha fatto notare che le dichiarazioni della signorina Letizia sui regali di compleanno ricevuti dall'uomo che lei chiama 'papi' lasciano intendere che erano amici da quando lei aveva 15 anni. La stampa rimane una delle poche forze critiche in una società in cui quasi tutti i canali televisivi rispondono a Mr. Berlusconi. Finora, il suo solo gesto per dare spiegazioni è stato di apparire in un talk show il cui ossequioso presentatore gli ha lasciato pronunciare un monologo autogiustificativo. Ma quando un giornalista di Repubblica ha provato a fargli una domanda questa settimana, Mr. Berlusconi ha perso le staffe. "Che diritto ha di fare domande?", ha gridato. La risposta, in una società democratica, deve essere: "Tutti i diritti del mondo". Repubblica sta combattendo una battaglia solitaria e merita sostegno".

lunedì 20 aprile 2009

QUANDO LA LIRICA CHIAMA…



Il pubblico mantovano sembra duplicare il suo proverbiale entusiasmo

Quando la lirica chiama, il pubblico mantovano sembra duplicare il suo proverbiale entusiasmo. Almeno un'ora prima che si aprissero le porte del Bibiena, lo scorso undici gennaio era già una piccola folla di agguerriti melomani a contendersi l'emozione della musica in una lotta all'ultimo biglietto. Merito di una stagione, quella dei Concerti della Domenica organizzati da ArTiCo, che sa conciliare qualità e ospitalità; e merito di proposte che, mai come quest'anno, stanno inanellando uno straordinario filo di eccellenze. Primo appuntamento del 2009, quello con il Galà lirico e con le voci più interessanti del panorama emergente è ormai una splendida tradizione. Filo conduttore e musicista di razza, SEM CERRITELLI al pianoforte assicura agli interpreti e all'ordito delle voci il fondale più suggestivo, la trama ideale di sangue e di poesia, di incanto e di scintille. Sempre stupefacente rimane la sua solida duttilità con cui avvolge ogni singolo temperamento, ne conduce il passo, esaltando fraseggi e intenzioni. Ad una simile giostra di primizie, offerte con impeccabile eleganza, il pubblico ha dato tutto il suo fuoco. Sin dal primo duetto, quello tra SANDRA FOSCHIATTO e CARLO AGOSTINI - entrambi incoronati al Premio Città di Brescia - nel celebre "Là ci darem la mano" da Don Giovanni, gli applausi hanno invaso la partitura. E se la bravura del soprano vicentino rappresentano una garanzia consolidata, una bella sorpresa per la platea virgiliana è stata quella del giovane baritono, capace di legare le frasi in campate ampie e fluide, armato di suoni corposi eppure vellutati. La sua "Vecchia Zimarra" dalla pucciniana Bohème è stata uno dei vertici assoluti del pomeriggio. Un applauso particolare anche ad ELENA SERRA, che ha sostituito con passione a autorevolezza la coreana Jung Sook Choi in "Mon coeur s'ouvre à ta voix" da Sanson et Dalila di Saint - Saens, e all'intensa Butterfly - verginale e inflessibile - di YOON HEE KIM nella sublime "Un bel dì vedremo…". Alle singole personalità e al loro temperamento, si sovrapponeva l'accattivante gioco delle parti di duetti, terzetti e quartetti indimenticabili: "O soave fanciulla" da Bohème, dove accanto alla Foschiatto emergeva un interessante JAE HWAN JEONG Hwan Jeong, l'immancabile "Bella figlia dell'amore" da Rigoletto con Carlo Agostini chiamato quasi in tempo reale a sostituire Lim Bong Suk, vittima di un lieve incidente stradale, l'appassionato "Mario, Mario" da Tosca, con Yoon hee Kim e CHO YOON JIN perfetti nel delineare, in una manciata di minuti, la temperatura dell'opera e la tormentata passione tra i due innamorati. Infine, il terzetto da Cavalleria Rusticana "Tu qui Santuzza", con una Sandra Foschiatto viscerale e minacciosa come non mai. Alle pressanti richieste di un bis, i cantanti hanno risposto intonando in coro l'inno di Mameli; un buon anno che alla vuota retorica dei brindisi ha sostituito la forza del talento.






ELIDE BERGAMASCHI (La lente, Mantova Garda; Febbraio 2009)

Archivio blog